Lo Spettro si voltò su se stesso, il viso ridotto a una maschera di dolore. Eragon tentò di controllare il torrente di ricordi, ma la loro forza era soverchiante.
Durza affrontò Eragon. Un terribile odio emanava dai suoi occhi rossi. Eragon era su un ginocchio, quasi in piedi, e lottava per sigillare la mente.
Eragon era in piedi. Durza caricò, la spada levata, dimenticando lo scudo nella sua furia.
Non c'era tempo per reagire... non c'era tempo...
La spada si abbattè con violenza sulla schiena di Eragon, lacerando metallo e carne. Il ragazzo urlò di dolore e cadde di nuovo in ginocchio. La sofferenza lo faceva stare piegato in due e sopprimeva ogni pensiero. Vacillò, appena cosciente del sangue che gli scorreva, copioso sulle reni. Durza disse qualcosa che non riuscì a capire.
Col cuore gonfio di angoscia, Eragon alzò gli occhi al cielo, il volto rigato di lacrime. Era finita, l Varden e i nani distrutti. Lui era stato sconfitto. Saphira si sarebbe immolata per salvarlo - lo aveva già fatto - e Arya sarebbe stata catturata di nuovo o uccisa. Perché doveva finire così? Che giustizia era? Tutto per niente.
Mentre guardava Isidar Mithrim scintillare sopra il suo corpo martoriato, un lampo di luce esplose nei suoi occhi, accecandolo. Un istante dopo, la sala risuonò di un rumore assordante. Poi i suoi occhi si schiarirono, e rimase a bocca aperta per lo stupore.
Lo zaffiro stellato era infranto. Un enorme ventaglio di frammenti acuminati pioveva verso il lontano pavimento, i muri trafitti da mille schegge. Al centro della sala, intenta a calare in picchiata, c'era Saphira. Dalle sue fauci spalancate eruttò una vampa di fuoco gialla e azzurra. Sul suo dorso cavalcava Arya: i capelli al vento, le mani alzate, i palmi scintillanti di magica luce verde. Il tempo parve rallentare mentre Eragon vide Durza alzare la testa verso il soffitto. Prima la sorpresa, poi la rabbia deformò i lineamenti dello Spettro. Con un ringhio sprezzante, alzò la mano e la puntò contro Saphira, le labbra pronte a mormorare una parola.