Un'insospettabile riserva di energia divampò dentro Eragon, richiamata dai più profondi recessi del suo essere. Le sue dita si strinsero intorno all'elsa di Zar'roc. Sfondò la barriera della mente e prese controllo della magia. Tutto il suo dolore e.la sua rabbia si concentrarono in un'unica parola:
Zar'roc fiammeggiò di luce rossa, la lama percorsa da una vampa senza calore…
Si scagliò in avanti…
E colpì Durza dritto al cuore.
Durza, esterrefatto, abbassò lo sguardo sulla lama che gli sporgeva dal petto. La sua bocca era aperta, ma invece di parole ne sgorgò un ululato terrificante. La spada cadde dalle dita prive di forza. Afferrò Zar'roc come volesse strapparsela dalla carne, ma la lama era conficcata in profondità.
Poi la pelle di Durza divenne trasparente: sotto di essa non c'erano carne né ossa, ma un turbinio notturno. Gridò ancora più forte mentre le tenebre pulsavano, spaccandogli la pelle. Con un ultimo grido. Durza si lacerò dalla testa ai piedi, liberando le tenebre che si divisero in tre rivoli, pronti a fuggire attraverso le mura di Tronjheim, fuori dal Farthen Dùr. Lo Spettro era morto. All'improvviso svuotato di ogni energia, Eragon cadde riverso, con le braccia spalancate. Sopra di lui, Saphira e Arya avevano quasi raggiunto terra, sembrava che stessero per schiantarsi al suolo insieme ai resti di Isidar Mithrim. Mentre la sua vista si annebbiava, Saphira. Arya e la miriade di frammenti, tutto parve fermarsi e restare immobile, a mezz'aria.
IL SAGGIO DOLENTE
F
rammenti di ricordi dello Spettro continuavano a vorticare nella mente di Eragon, un delirio di eventi oscuri ed emozioni travolgenti che gli impediva di pensare. In balìa del turbine, non sapeva chi era né dove si trovava, Era troppo debole per liberarsi dalla presenza estranea che
gli offuscava la mente. Immagini violente, crudeli, del passato dello Spettro gli esplosero dietro gli occhi finché il suo spirito non gridò di dolore a quelle visioni sanguinose.