Eragon seguì di nuovo il nano a Tronjheim. Percorsero un labirinto di corridoi finché non giunsero in un'ampia sala piena di tavoli di pietra, adatti però soltanto ai nani. Le fiamme ardevano in una fila di forni di steatite dietro un lungo bancone.
Orik si rivolse in una lingua sconosciuta a un tarchiato nano dal volto rubizzo, che subito portò loro piatti di pietra colmi di funghi e pesce fumanti. Poi Orik accompagnò Eragon lungo una serie di scale tortuose, finché non arrivarono in una piccola alcova ricavata nelle mura esterne di Tronjheim. Si sedettero a terra a gambe incrociate, ed Eragon si gettò sul cibo con avidità, senza dire una parola.
Quando ebbero svuotato i piatti. Orik emise un sospiro soddisfatto è prese una lunga pipa. L'accese e disse: «Uno spuntino niente male, ma adesso ci vorrebbe un bel sorso di idromele per mandarlo giù.»
Eragon osservò il terreno di sotto. «Qui nel Farthen Dùr praticate l'agricoltura?»
«No, la luce del sole basta soltanto per muschio, muffa e funghi. Tronjheim non potrebbe sopravvivere senza le provviste fornite dalle valli attorno: è una delle ragioni per cui molti di noi hanno scelto di vivere altrove, fra i Monti Beor.»
«Quindi ci sono altre città di nani?»
«Non tante quante vorremmo. E Tronjheim è la più grande.» Appoggiato su un gomito. Orik trasse una lunga boccata di fumo. «Tu hai visto soltanto i livelli più bassi, e quindi non te ne sei accorto, ma gran parte di Tronjheim è disabitata. Più in alto si sale, meno gente si trova. Interi piani sono deserti da secoli. La maggioranza di noi preferisce abitare sotto Tronjheim e il Farthen Dùr, nelle grotte e nei cunicoli scavati dentro la roccia. Nel corso dei secoli abbiamo scavato moltissimo sotto i Monti Beor, tanto che è possibile camminare da un'estremità all'altra della catena senza mai uscire.»
«Mi sembra uno spreco, tutto questo spazio inutilizzato qui a Tronjheim» commentò Eragon. Orik annuì. «Alcuni sostengono che sarebbe meglio abbandondare questo posto perché consuma troppe risorse, ma Tronjheim ha un ruolo insostituibile.»
«Ossia?»
«Nei tempi di sventura può ospitare la nostra intera nazione. Ci sono stati soltanto tre casi nella nostra storia in cui siamo stati costretti a questo passo estremo, ma ogni volta ci ha salvati dalla distruzione certa e totale. Ecco perché la teniamo sempre presidiata, pronta a qualsiasi evenienza.» «Non ho mai visto niente di così magnifico» disse Eragon.
Orik sorrise, stringendo la pipa fra i denti. «Mi fa piacere. Ci sono volute intere generazioni per costruire Tronjheim...e la nostra vita dura molto più a lungo di quella umana. Purtroppo. causa del maledetto Impero, pochi estranei hanno avuto accesso alla sua gloria.»
«Quanti Varden ci sono?»
«Nani o umani?»
«Umani. Vorrei sapere quanti hanno lasciato l'Impero.»
Orik esalò un lungo sbuffo di fumo, che si allargò lentamente intorno alla sua testa. «Ci sono circa quattromila individui della tua specie. Ma questo non risponde alla tua domanda. Soltanto chi vuole combattere viene qui. Gli altri si trovano nel Surda, sotto la protezione di re Orrin.»
«Non ti far scoraggiare dal numero di umani presenti a Tronjheim. Ci sono molti nani, molti di più di quanti ne hai visti, e tutti combatteranno, quando verrà il momento. Anche Orrin ci ha promesso delle truppe, quando scenderemo in guerra contro Galbatorix. E perfino gli elfi si sono impegnati ad aiutarci.»
Eragon vagò distrattamente col pensiero fino a toccare quello di Saphira, e la trovò intenta a sbranare con passione un sanguinolento quarto di bue. Si riscosse e notò ancora una volta il martello e le stelle incisi sull'elmo di Orik. «Che cosa significa quel simbolo? L'ho visto anche sul pavimento di Tronjheim.»
Orik si tolse la calotta ferrata e fece scorrere un dito ruvido sull'incisione. «È il simbolo del mio clan. Siamo gli Ingietum, fabbri e artigiani del metallo. Il martello e le stelle sono incisi anche sul pavimento di Tronjheim perché era l'insegna personale del nostro fondatore, Korgàn. Un clan che governa, circondato dagli altri dodici. Anche il re Rothgar appartiene alla Dùrgrimst Ingietum, e ha portato grande onore e gloria al nostro casato.»
Quando riportarono i piatti al cuoco, incrociarono nel corridoio un nano, che si fermò davanti a Eragon, s'inchinò e lo salutò con rispetto dicendo: «Argetlam.»