Eragon scosse il capo.
Quando cominciava a essere stanco di vedere stanze vuote e grigie pareti tutte uguali, ritornò verso la rocca. Mentre si avvicinava alla caverna, sentì qualcuno che parlava, là dentro. Si fermò per origliare, ma la voce tacque.
Una giovane donna era in piedi al centro della sala e guardava con curiosità Saphira, che aveva fatto capolino dalla grotta. Lo zaffiro stellato emanava una luce rosata che metteva ancora più in risalto la sua carnagione, scura come quella di Ajihad. Indossava un lungo abito di velluto violaceo, dal taglio elegante. Alla cintura portava un pugnale tempestato di gemme in un fodero di cuoio lavorato.
Eragon incrociò le braccia, aspettando che la donna lo notasse. Lei continuò a guardare Saphira, poi fece una graziosa riverenza e chiese. «Di grazia, potresti dirmi dove posso trovare il Cavaliere Eragon?» Gli occhi di Saphira brillarono di malizia.
Con un sorriso, Eragon disse: «Sono qui.»
La donna si voltò di scatto, portando la mano al pugnale. Il suo volto era bellissimo, con gli occhi a mandorla, le labbra carnose e gli zigomi rotondi. Si tranquillizzò e fece un nuovo inchino. «Sono Nasuada» disse.
Eragon accennò un inchino. «È chiaro che sai chi sono, ma che cosa vuoi da me?» Nasuada sorrise in modo incantevole. «Mio padre. Ajihad, ti manda un messaggio. Vuoi ascoltarlo?»
Il capo dei Varden non aveva dato a Eragon l'impressione di essere tagliato per il matrimonio e la paternità. Si domandò chi fosse la madre di Nasuada: doveva essere una donna fuori dal comune per aver attirato l'attenzione di Ajihad. «Naturalmente.»
Nasuada alzò il mento e recitò: «Ajihad è lieto che tutto stia andando bene, ma ti suggerisce di astenerti da azioni clamorose come la benedizione di ieri, poiché creano più problemi di quanti ne risolvano. Inoltre ti prega di sottoporti quanto prima all'esame... gli occorre sapere quali sono le tue capacità prima di mandare messaggi agli elfi.»
«E sei salita fin quassù solo per dirmi questo?» chiese Eragon, pensando alla lunghezza di Voi Turin.
Nasuada scosse il capo. «Ho usato il montacarichi che serve a trasportare le merci ai livelli più alti. Avremmo potuto mandarti il messaggio in un altro modo, ma ho pensato che sarebbe stato meglio consegnartelo di persona, anche per avere modo di conoscerti.»
«Vuoi restare?» chiese Eragon, indicando la grotta di Saphira.
Nasuada diede in una risatina leggera. «No, sono attesa da un'altra parte. Mio padre ti manda a dire anche che puoi far visita a Murtagh, se lo desideri.» Un'espressione pensosa alterò i suoi lineamenti sereni. «Ho conosciuto Murtagh... È ansioso di parlarti. Sembra così solo: dovresti proprio andare a trovarlo.» E spiegò a Eragon come raggiungere la cella di Murtagh.
Eragon la ringraziò per le informazioni, poi chiese: «Notizie di Arya?.Sta meglio? Posso vederla? Orik non ha saputo dirmi molto.»
La giovane sorrise maliziosa. «Arya si sta riprendendo in fretta, come tutti gli elfi. Nessuno può vederla, tranne mio padre. Rothgar e i guaritori. Hanno trascorso molto tempo con lei per sapere che cosa è successo durante la sua prigionia.» I suoi occhi corsero a Saphira. «Ora devo andare. C'è qualcosa che devo riferire a mio padre da parte tua?»
«No, tranne il mio desiderio di vedere Arya. E ringrazialo di tutto cuore per l'ospitalità che ci ha mostrato.»
«Lo farò senz'altro. Addio. Cavaliere Eragon. Spero di rivederti presto.» Si congedò con un inchino e uscì dalla rocca a testa alta.