Le labbra ben disegnate di Arya si curvarono in una smorfia. «Qualcosa che nemmeno loro sanno fare. È possibile pronunciare il nome di un oggetto nell'antica lingua ed evocarne l'essenza. Ci vogliono anni di esercizio e grande disciplina, ma la ricompensa è il totale controllo sugli oggetti. Ecco perché il vero nome di ciascuno è tenuto segreto, perché se fosse noto a un individuo malvagio, potrebbe dominarti.»
«È strano» disse Eragon dopo un istante. «ma prima di essere catturato a Gil'ead, ti ho vista più di una volta in sogno. Era come la divinazione... e in seguito sono stato in grado di vederti.,. ma sempre durante il sonno.»
Arya strinse le labbra, pensierosa. «C'erano momenti in cui avvertivo un'altra presenza accanto a me, ma ero spesso confusa e febbricitante. Non ho mai sentito parlare, né nelle leggende né nella storia, di qualcuno capace di divinare nel sonno.»
«Nemmeno io capisco» disse Eragon, guardandosi le mani. Si rigirò l'anello di Brom intorno all'indice. «Che cosa significa il tatuaggio che hai sulla spalla? Sai, non avevo intenzione di vederlo, ma stavo curando le tue ferite... non ho potuto farne a meno. È uguale al simbolo su quest'anello.» «Hai un anello con lo yawé?» esclamò lei, incredula.
«Sì. Era di Brom. Vedi?»
Le porse l'anello. Arya esaminò lo zaffiro, poi disse lentamente: «È un pegno dato soltanto ai più preziosi amici degli elfi…tanto prezioso, in effetti, che non si usa da secoli. O almeno, così credevo. Non ho mai saputo che la regina Islandazi avesse una così alta considerazione di Brom.» «Allora non dovrei portarlo» disse Eragon, temendo di apparire presuntuoso.
«No, tienilo, invece. Ti darà protezione se dovessi imbatterti nel mio popolo, e potrebbe aiutarti a conquistare i favori della regina. Non dire a nessuno del mio tatuaggio. È un segreto da non rivelare.»
«D'accordo.»
Parlare con Arya gli piacque immensamente, e avrebbe voluto che la conversazione durasse di più. Quando si separarono, Eragon continuò a passeggiare nel Farthen Dùr, chiacchierando con Saphira. Malgrado le sue insistenze, la dragonessa si rifiutò di raccontargli che cosa le aveva detto Arya. Alla fine rivolse i suoi pensieri a Murtagh e a quanto gli aveva suggerito Nasuada.
Con un sorriso riconoscente, Eragon corse a Tronjheim, pranzò nell'angolo buio di una cucina, poi seguì le istruzioni di Nasuada fino a raggiungere una piccola porta grigia, sorvegliata da un umano e da un nano. Quando chiese di entrare, il nano bussò tre volte alla porta, poi aprì la serratura. «Basta che tu ci dia una voce quando vorrai uscire» disse l'uomo con un sorriso amichevole. La cella era calda e bene illuminata, con un tavolino e una brocca in un angolo e uno scrittoio, con tanto di penne e inchiostro, nell'altro. Il soffitto era decorato da figure di lacca; il pavimento coperto da un folto tappeto. Murtagh era disteso su un solido letto, intento a leggere una pergamena. Alzò gli occhi sorpreso ed esclamò allegro: «Eragon! Ci contavo proprio, che venissi!» «Come.,. voglio dire, pensavo... »
«Pensavi che mi avessero gettato in chissà quale buco fetido a masticare gallette» disse Murtagh, alzandosi a . sedere con un sogghigno. «A dire il vero, mi aspettavo la stessa cosa, ma. Ajihad mi ha concesso questi lussi purché me ne stia buono. E mi portano anche una quantità enorme di cibo, e mi danno tutti i libri che chiedo. Se non sto attento, mi trasformerò in un grasso topo di biblioteca.» Eragon rise e sedette accanto a lui. «Ma non sei arrabbiato? In fondo sei prigioniero.» «Oh, all'inizio lo ero» ammise Murtagh con una scrollata di spalle. «Ma più ci pensavo, più mi rendevo conto che meglio di così non potevo stare. Se anche Ajihad mi avesse lasciato libero, avrei passato la maggior parte del tempo in camera mia.»
«Perché?»
«Lo dovresti capire. Nessuno si sarebbe sentito a suo agio con me nei dintorni, sapendo chi sono, e la gente mi avrebbe guardato storto, mormorando malignità. Ma ora basta parlare di questo: sono ansioso di conoscere le novità. Avanti, racconta.»
Eragon gli riferì gli eventi degli ultimi due giorni, compreso il suo incontro con i Gemelli nella biblioteca. Quando ebbe terminato, Murtagh poggiò indietro la schiena per riflettere. «Sospetto» disse «che Arya sia più importante di noi due messi insieme. Considera quanto hai saputo: è una maestra di scherma, esperta di magia, e, cosa ancora più importante, è stata scelta per sorvegliare l'uovo di Saphira. Non può essere un personaggio comune, nemmeno tra gli elfi.» Eragon concordò.
Murtagh fissò il soffitto. «Sai, trovo questa prigionia stranamente confortante. Per una volta nella mia vita non devo temere niente. So che dovrei... eppure questo posto mi fa sentire in pace. E un buon sonno la notte aiuta.»