«Capisco quello che intendi» disse Eragon amaramente. Si spostò in un punto più comodo del letto. «Nasuada ha detto che ti è venuta a trovare. Ha detto qualcosa di interessante?»
Lo sguardo di Murtagh si perse nel vuoto. Poi il giovane scosse il capo. «No, voleva soltanto conoscermi. Non pare una principessa? E il suo portamento! Quando è comparsa sulla soglia, per un attimo mi è sembrata una delle dame di corte di Galbatorix. Ho visto mogli di conti e duchi che al suo confronto sembrano più adatte a un porcile che alla nobiltà.»
Eragon lo ascoltò infervorarsi con crescente apprensione.
Murtagh fece un vago gesto noncurante, ma le sue parole furono dense di significato. «Per ora sono contento di come sto e di poter riposare. Non c'è ragione di cercare asilo altrove, né di sottomettermi all'esame dei Gemelli. Non dubito che alla fine mi stancherò di tutto questo, ma per adesso... sto bene.»
L'OMBRA DELLA GUERRA
S
aphira svegliò Eragon con un brusco colpo di muso, graffiandogli la guancia con le ruvide squame. «Ahi!» esclamò il giovane, alzandosi a sedere. La caverna era immersa nell'oscurità, rischiarata appena dal tenue bagliore di una lanterna schermata. Fuori dalla
rocca. Isidar Mithrim sfavillava di mille colori nella sua ghirlanda di lanterne.
All'ingresso della caverna c'era un nano molto agitato che si torceva le mani. «Devi venire. Argetlam! Grossi guai... Ajihad ti chiama. Non c'è tempo!»
«Che succede?» chiese Eragon.
Il nano si limitò a scuotere il capo, la lunga barba ondeggiante. «Vieni.. subito! Carkna bragha! Ora!»
Eragon allacciò Zar'roc alla cintola, afferrò arco e frecce e sellò Saphira.
Orik li stava aspettando con espressione cupa quando atterrarono davanti ai cancelli di Tronjheim. «Vieni, ci sono anche gli altri.» Li guidò attraverso Tronjheim fino allo studio di Ajihad. Lungo il tragitto, Eragon lo tempestò di domande, ma Orik rispose soltanto: «Nemmeno io so niente... aspetta di sentire Ajihad.»
La porta della biblioteca fu aperta da due guardie robuste. Ajihad era in piedi dietro la scrivania, intento a studiare una mappa. C'erano anche Arya e un uomo dalle braceia nerborute. Ajihad alzò lo sguardo. «Bene, eccoti qui, Eragon. Ti presento Jòrmundur, il mio vicecomandante.» I due si salutarono, poi rivolsero l'attenzione ad Ajihad. «Vi ho svegliati perché. siamo tutti in grave pericolo. Mezz'ora fa un nano è sbucato da uno dei tunnel abbandonati sotto Tronjheim. Era ferito e sanguinante, gridava frasi sconnesse, ma è riuscito a riferire che un esercito di Urgali si trova a un giorno di marcia da qui.»
Un silenzio sconcertato riempì la stanza. Poi Jòrmundur esplose in una serie di imprecazioni e cominciò a fare domande insieme a Orik. Arya non parlò. Ajihad alzò una mano. «Silenzio! C'è dell'altro. Gli Urgali non si stanno avvicinando
Eragon alzò la voce. «Perché i nani non l'hanno scoperto prima? Come hanno fatto gli Urgali a trovare i tunnel?»
«Riteniamoci fortunati di averlo scoperto ora!» urlò Orik. Tutti tacquero per ascoltarlo. «Ci sono centinaia di tunnel che attraversano i Monti Beor, disabitati fin dal giorno in cui vennero scavati. Gli unici nani che li frequentano sono degli stravaganti che non vogliono contatti con gli altri. Potremmo addirittura non essere mai stati avvertiti.»
Ajihad indicò la mappa, ed Eragon si avvicinò. Illustrava la metà meridionale di Alagasëia, ma a differenza di quella di Eragon, mostrava l'intera catena dei Monti Beor nel dettaglio. Il dito di Ajihad indicò la sezione dei Beor confinante con il margine orientale del Surda. «Qui» disse «è il punto da cui il nano dichiara di venire.»
«Orthiad!» esclamò Orile. Davanti all'espressione interrogativa di Jòrmundur, spiegò: «È un antico insediamento di nani che fu abbandonato quando Tronjheim fu completata. Ai suoi tempi era la maggiore delle nostre città. Ma nessuno ci vive più da secoli.»