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«Non proprio» ammise Brom. «Loro sostengono di non farlo, e in un certo senso è vero, ma col tempo hanno perfezionato l'arte di dire una cosa e intenderne un'altra. Non sai mai qual è il loro intento, o se lo hai interpretato correttamente. Il più delle volte rivelano soltanto una parte della verità e tacciono il resto. Occorre una mente raffinata e sottile per comunicare con la loro cultura.» Eragon riflette. «Che cosa significano i nomi propri in questa lingua? Conferiscono potere?» Gli occhi di Brom s'illuminarono di compiacimento. «Per l'appunto. Coloro che parlano la lingua hanno due nomi. Il primo è per l'uso quotidiano e ha poca autorità. Ma il secondo è il loro vero nome, che condividono con poche persone fidate. C'era un tempo in cui nessuno nascondeva il proprio vero nome, ma l'epoca attuale non lo consente. Chiunque conosca il tuo vero nome ha un enorme potere su di te. È come affidare la tua vita nelle mani di qualcun altro. Tutti abbiamo un nome segreto, ma pochi sanno quale sia.»

«Come si fa a scoprire il proprio vero nome?» chiese Eragon.

«Gli elfi lo conoscono per istinto. Nessun altro possiede questo dono. I Cavalieri umani intraprendevano una missione per scoprirlo... oppure trovavano un elfo che lo rivelava loro, ma era un'occasione rara, perché gli elfi non sono prodighi di conoscenza» rispose Brom. «Mi piacerebbe conoscere il mio» disse Eragon, pensoso.

Brom si accigliò. «Bada. Potrebbe essere una conoscenza terribile. Sapere chi sei senza illusioni o compassione è un momento di rivelazione che nessuno sperimenta restando indenne. Alcuni impazziscono davanti alla pura verità. Quasi tutti cercano di dimenticarla. Ma per quanto il nome dia potere agli altri, anche tu conquisti potere su di te, se la verità non ti spezza.»

E io sono sicura che non lo farà, disse Saphira.

«Eppure vorrei tanto conoscerlo» disse Eragon, risoluto.

«Non ti arrendi facilmente, eh? Bene, perché soltanto gli individui decisi trovano la propria identità. Ma in questo non posso aiutarti, È una ricerca che dovrai intraprendere da solo.» Brom mosse il braccio ferito e fece una smorfia.

«Perché non possiamo ricorrere alla magia per guarirti?» domandò Eragon.

Brom sospirò. «Non c'è una ragione particolare... è solo che non ho preso in considerazione l'idea perché va oltre le mie forze. Probabilmente tu potresti, con la parola giusta, ma non voglio stancarti.»

«Potrei risparmiarti un sacco di dolore» protestò Eragon.

«Saprò sopportare» disse Brom in tono piatto. «Usare la magia per guarire una ferita richiede tanta energia quanta ne occorre perché guarisca da sola. Non voglio che ti stanchi, nei prossimi giorni. Non sei ancora in grado di tentare una cosa così difficile.»

«Mmm... Se posso guarirti il braccio, potrei anche riportare in vita i morti?»

La domanda colse Brom di sorpresa, ma il vecchio si affrettò a rispondere: «Ricordi quello che ho detto sui piani che possono ucciderti? Questo è uno. Ai Cavalieri era proibito di risuscitare i morti per la loro stessa incolumità. C'è un abisso oltre la vita dove la magia non significa niente. Se ti espandi in esso, la tua forza ti abbandonerà e la tua anima svanirà nelle tenebre. Maghi, stregoni e Cavalieri... in tanti hanno tentato, e sono morti su quella soglia. Limitati al possibile: tagli, lividi, magari qualche osso rotto, ma i morti mai.»

Eragon aggrottò la fronte. «È tutto molto più complicato di quanto pensassi»

«Proprio così!» esclamò Brom. «E se non comprendi quello che stai facendo, potresti tentare qualcosa di superiore alle tue forze e morire.» Si girò sulla sella, si abbassò di fianco e raccolse tana manciata di ciottoli dalla strada. Con un grande sforzo si raddrizzò, poi scartò tutti i sassi, tranne uno. «Vedi questo ciottolo?»

«Sì.»

«Prendilo.» Eragon lo prese e fissò quel sassolino insignificante. Era grigio scuro, liscio, non più grande del polpastrello del suo pollice. Ce n'erano un'infinità come quello, sulla pista. «Questo è il tuo addestramento» disse Brom.

Eragon lo guardò, confuso. «Non capisco.»

«Chiaro» ribattè Brom, seccato. «Ecco perché sono io che insegno a te e non viceversa. Ora smettiamola di parlare, altrimenti non concluderemo niente. Voglio che tu sollevi il sasso dal tuo palmo e lo tenga sospeso in aria il più a lungo possibile.. Le parole che devi usare sono stenr reisa. Ripetile.»

«Stenr reisa.»

«Bene. Coraggio, prova.»

Eragon si concentrò con tutte le forze sul ciottolo, frugando la propria mente in cerca di una minima scintilla di quell'energia che lo aveva animato il giorno prima. Il sasso rimase immobile sotto i suoi occhi, mentre il ragazzo sudava, frustrato. Come dovrei fare? Alla fine incrociò le braccia e sbottò: «È impossibile.»

«No» replicò Brom irritato. «Lo dico io cosa è impossibile e cosa non lo è. Datti da fare! Non arrenderti così facilmente. Riprova.»

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Андрей Боярский

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