La notte prima di raggiungere il villaggio, i sogni di Eragon furono particolarmente vividi.
Il ragazzo si svegliò in preda alla nausea e rimase lì a contemplare il lento viaggio delle stelle nel cielo nero.
DARET
D
aret era stato costruito sulle rive del Ninor, una posipione strategica per poter sopravvivere. Il villaggio era piccolo e selvaggio, e non videro traccia di abitanti. Eragon e Brom si avvicinarono con grande cautela, Saphira si nascose vicino alle case, questa volta: se ci
fossero stati problemi, sarebbe giunta al loro fianco in pochi secondi.
Entrarono a Daret più silenziosi che potevano. Brom stringeva la spada nella mano sana, lo sguardo che guizzava da un lato e dall'altro, Eragon teneva l'arco pronto mentre passavano tra le case silenziose, scambiandosi occhiate apprensive. Non mi piace, commentò Eragon rivolto a Saphira. Lei non rispose, ma il ragazzo la sentì prepararsi ad accorrere. Abbassò lo sguardo sul terreno e si sentì sollevato nel vedere orme di bambini.
Brom s'irrigidì quando arrivarono al centro del villaggio e lo trovarono deserto. Il vento soffiava per la città desolata, sollevando mulinelli di sabbia. Brom fece voltare Fiammabianca. «Andiamo via. Ho un brutto presentimento.» Spronò il cavallo al galoppo, ed Eragon lo imitò con Cadoc. Non avevano percorso che un breve tratto quando dietro le case sbucarono dei carri, sbarrando loro la strada. Cadoc sbuffò e si arrestò di botto accanto a Fiammabianca. Un uomo dalla carnagione scura saltò giù dal primo carro e si parò davanti a loro, uno spadone lungo il fianco, un arco incordato in pugno. Eragon alzò il proprio arco e mirò allo straniero, che gridò: «Alt! Deponete le armi. Siete circondati da sessanta arcieri. Se fate una mossa, siete morti.» A quelle parole, dai tetti delle case si affacciarono molti uomini armati.
«Che cosa volete?» domandò Brom in tono calmo.
«Perché siete qui?» ribatte l'uomo.
«Per comprare provviste e conoscere le novità. Nient'altro. Stiamo andando a trovare mio cugino a Dras-Leona.»
«Siete armati di tutto punto.»
«Anche voi» disse Brom. «Questi sono tempi difficili.»
«Vero.» L'uomo li scrutò attentamente. «Non credo che abbiate cattive intenzioni, ma girano troppi Urgali e altra feccia perché mi possa fidare solo della vostra parola.»
«Ma se la nostra parola non basta, allora che cosa si fa?» replicò Brom. Gli uomini sui tetti non si erano mossi; Eragon giudicò che fossero molto disciplinati, o spaventati a morte. Sperava che fosse vera la seconda ipotesi.
«Avete detto che volete soltanto delle provviste. Acconsentite a restare qui mentre vi portiamo ciò che vi occorre, per poi pagarci e andarvene immediatamente?»
«Sì.»
«D'accordo» disse l'uomo, e abbassò l'arco. Fece un cenno a uno degli arcieri, che balzò giù dal tetto e corse . verso di loro. «Ditegli che cosa vi serve.»
Brom recitò una breve lista e aggiunse: «Inoltre, se avete un paio di guanti di riserva che possano andare bene a mio nipote, sarò lieto di comprare anche quelli.» L'arciere annuì e si dileguò. «Il mio nome è Trevor» disse l'uomo davanti a loro. «In circostanze normali vi stringerei la mano, ma poiché queste non lo sono, credo che mi terrò a distanza. Ditemi, da dove venite?» «Da nord» rispose Brom. «ma non abbiamo mai vìssuto in un posto abbastanza a lungo da chiamarlo casa. Sono stati gli Urgali a costringervi ad adottare queste misure?»
«Già» disse Trevor. «e nemici ancora peggiori. Avete notizie delle altre città? Noi ne riceviamo di rado, ma sappiamo che molte sono state assaltate.»