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Con la fronte aggrottata, Eragon chiuse gli occhi, svuotando la mente da ogni pensiero. Trasse un profondo respiro e cominciò a esplorare! più remoti recessi della propria coscienza, cercando di scoprire il centro del suo potere. Si districò fra pensieri e ricordi finché non avvertì qualcosa di diverso... una sorta di rigonfiamento che era parte di lui, eppure non lo era. Eccitato, cominciò a scavare per vedere che cosa nascondeva. Sentì una resistenza, una specie di barriera, ma sapeva che il potere si trovava dall'altra parte. Cercò di aprire una breccia, ma invano. Sempre più infuriato, Eragon premette contro la barriera con la forza di un ariete, finché quella non andò in frantumi come un pannello di vetro inondando la sua mente di un torrente di luce.

«Stenr reisa» disse, ansante. Il ciottolo si librò in aria, oscillando sul suo palmo luccicante. Lottò per tenerlo sospeso, ma il potere si affievolì e scomparve di nuovo dietro la barriera. Il ciottolo gli ricadde sulla mano con un lieve tonfo, e il suo palmo tornò normale. Si sentiva stanco, ma sorrise per il successo.

«Non male, per essere la prima volta» disse Brom.

«Perché la mia mano fa così? Sembra una piccola torcia.»

«Nessuno lo sa per certo» ammise Brom. «I Cavalieri preferivano sempre incanalare il potere attraverso la mano marchiata dal gedwéy ignasia. Puoi anche usare l'altra mano, ma non è altrettanto facile.» Scrutò Eragon per qualche istante. «Ti comprerò dei guanti nuovi nella prossima città che incontreremo, se non è stata distrutta. Sei riuscito a tenere nascosto il tuo marchio abbastanza bene, ma sarà meglio che nessun altro lo veda. Sai, potrebbero esserci occasioni in cui non vorrai che il suo bagliore metta in guardia un nemico.»

«Anche tu hai un marchio?»

«No. Soltanto i Cavalieri ce l'hanno» disse Brom. «Sappi inoltre che la magia viene influenzata dalla distanza, proprio come una freccia o una lancia. Se cerchi di sollevare o spostare qualcosa a un miglio di distanza, ti ci vorrà più energia che se fosse vicino. Perciò se vedi dei nemici accorrere da una lega di distanza, falli avvicinare prima di usare la magia. E adesso torniamo al lavoro! Cerca di far librare ancora quel ciottolo.»

«Ancora?» fece Eragon debolmente, pensando allo sforzo che gli era costato farlo una sola volta. «Certo! E questa volta sii più svelto.»

Continuarono con gli esercizi per quasi tutto il giorno. Quando finalmente la lunga lezione giunse al termine, Eragon era stanco e di malumore. In quelle ore era arrivato a odiare il sasso e tutto il resto. Fece per buttarlo, ma Brom lo bloccò. «Non farlo. Conservalo.» Eragon lo guardò furente, e riluttante si infilò il ciottolo in tasca.

«Non abbiamo ancora finito» lo avvertì Brom. «perciò non metterti comodo.» Indicò una pianticella. «Questa si chiama delois.» E cominciò a istruire Eragon sull'antica lingua, recitando parole da memorizzare: da vondr, un ramoscello dritto e sottile, a Aieàailt la stella del mattino. Quella sera duellarono intorno al fuoco, Eragon usò la mano sinistra, ma le sue capacità non ne risentirono.

I giorni si susseguivano sempre secondo lo stesso schema. Per prima cosa, Eragon si sforzava di imparare le antiche parole e di governare il ciottolo. La sera si allenava con Brom al gioco delle finte spade. Dopo i fallimenti dei primi giorni, via via, senza quasi accorgersene, le cose migliorarono. Il ciottolo non tremava più quando lo sollevava; una volta padroneggiati i facili esercizi che Brom gli aveva assegnato, ne intraprese di più difficili; e nel frattempo approfondiva la conoscenza dell'antica lingua.

Con l'intensificarsi degli allenamenti, Eragon acquistò sicurezza e agilità, e imparò a muoversi con la rapidità di un serpente. I suoi colpi divennero più pesanti, e il braccio non gli tremava più quando parava gli attacchi. I duelli duravano di più via via che imparava a difendersi da Brom. Quando si coricavano, Eragon non era l'unico a massaggiarsi i lividi.

Saphira continuava a crescere, ma più lentamente di prima. I voli prolungati, insieme alle battute di caccia, la mantenevano sana e in forma. Era più alta dei cavalli, adesso, e più lunga. A causa delle sue dimensioni e del brillio delle sue squame, era fin troppo visibile. Brom ed Eragon erano preoccupati, ma non riuscirono a convincerla a oscurare con la polvere la sua corazza scintillante. Proseguirono verso sud, seguendo le tracce dei Ra'zac. Eragon si sentiva deluso per il fatto che, per quanto andassero spediti, i Ra’zac erano sempre in vantaggio di qualche giorno. A volte pensava di mollare tutto, ma poi trovavano qualche segno, un'impronta che rinnovava la speranza. I tre compagni non incontrarono abitazioni o borghi lungo il Ninor o nelle pianure, e viaggiarono indisturbati mentre i giorni passavano. Alla fine si avvicinarono a Daret, il primo villaggio da quando avevano lasciato Yazuac.

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Андрей Боярский

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